venerdì 14 febbraio 2020
Venus Dodson – Night Rider (1979)
Questo di Venus Dodson e’ uno degli album ai quali sono piu’ legato in termini affettivi.
In questo album si trova tutto il meglio del repertorio Adams/Burgess, da “It’s My Turn” motivo sostenuto da una eccezionale fusione ritmico/orchestrale con le parti vocali che fungono da collante melodico a “Shining”, brano con contaminazioni acid jazz che andranno in auge qualche decennio dopo (se vogliamo un precursore del genere) a chiudere la Side A.
La Side B si apre con quello che per me rimane uno dei 10 motivi disco più belli mai pubblicati, quel “Night Rider” che ogni volta che lo ascolto finisco con lo scoprire nuovi particolari che, lo confesso mi provocano brividi e commozione.
Un classico inizio di percussioni apre la strada alla batteria che introduce tutti gli strumenti ritmici (synth, chitarra, basso), spazio agli archi che amplificano il tema introduttivo (io avverto un’atmosfera quasi drammatica in questi fraseggi) è la volta della sezione vocale, artificiale quasi “vocoderizzata” che prima si esalta e poi finisce in sottofondo per lasciare il primo piano alla voce solista che interpreta la struggente melodia in un crescente da brividi.
Il brano continua su queste propensioni fino al break centrale. È qui che avviene l’apoteosi, quando ci si aspetta la ripartenza del brano secondo la logica dell’introduzione Patrick Adams inventa una variazione che lascia “a bocca aperta”. Un’esplosione di archi ed una melodia vocale irrompono sulla scena e qui a volte mi sembra di volare, di staccarmi letteralmente dal pavimento e volteggiare libero nell’aria. L’esperienza di una vita di successi raccolta in quasi sette minuti.
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